martedì 13 gennaio 2009

PUBBLICHE RELAZIONI

Ringraziamo della "linkatura".

sabato 10 gennaio 2009

Sarebbe gradito "un lincaggio" da Dolceacqua eu.
GRAZIE MILLE

domenica 14 dicembre 2008

LUIGINA GAROSCIO


“IN CORPU DE TRON”

Fauvra Duseighina – prima puntata -

Luigina si era innamorata di Paganin, un povero diavolo di “terusu”.

Il personaggio era un artista “naif” , tutto meno che lavorare, però suonava ad orecchio un vecchio violino, veramente bene.

L’innamorata era l’unica figlia della più ricca famiglia di Dolceacqua, u Severin Garoscio, suo padre, era anche il Podestà, a Scià Rosina Cassini, sua madre, era anch’essa parte di una delle poche famiglie ricche del paese.

Considerato il “lignaggio” famigliare della Luigina, il suo amore era osteggiato in tutti i modi.

I due, follemente innamorati, pensarono bene di risolvere in qualche modo la loro insostenibile situazione amorosa.

Con l’incoscienza che caratterizza la gioventù, decisero di ricorrere ad un gesto estremo.

L’omicidio suicidio!

Decisero di realizzare il folle gesto; quel tal sabato sera;

Luigina doveva stare in casa e Paganin, come consuetudine gli avrebbe suonato l’immancabile serenata dal dau carugiu da muntà dei ceregheti.

Quando la poveretta avrebbe allucau alla sua finestra, il violinista doveva imbracciare il fucile da caccia e colpirla mortalmente, poi lui stesso si sarebbe suicidato.

Quel sabu seira c’era un tempo da luvi;

Paganin, dopo essersi assicurato che la doppietta fosse carica (di cartucce rigorosamente ricaricate), si recò sotto la finestra della sua amata.

Cominciò a suonare forse, la sua ultima serenata e dopo poco la Luigina si affacciò au barcun.

Paganin tremando come una foglia scagliò in terra il suo violino ed imbracciò il fucile.

Prese, sempre tremolando, la mira.

Risuonò nel buio in corpu, i “balin” formarono la “rosa” ed andarono a conficcarsi nello stipite della finestra di Luigina.

Luigina, si mise una mano sul petto e barcollando, con aria trasognata, convinta di essere morta, si avviò verso il suo letto ed all’istante si addormentò profondamente.

Paganin intanto, ancora con il fucile fumante in mano, si rese conto che aveva sbagliato la mira;

alcune finestre si illuminarono, voci confuse si sentirono.

Trun de nun pensò confusamente l’improvvido violinista; raccattò il violino e ancora con la doppietta aperta ed in mano scappò a gambe levate e raggiunse in un “amen” u carugiu du furnu dove abitava in “monolocale” al piano sottostrada, umido, annerito dal fumo del caminetto e con una piccolissima finestra che dava sulla via Castello.

Saltò nel letto (in pagliassun) sporco e lacero, senza spogliarsi (dormiva sempre vestito), nascose la doppietta sotto il materasso ed il violino come al solito se lo mise ingrembo.

La gente della Muntà di Ceregheti, sentito lo sparo quasi all’unisono “allucò” dalle finestre:

Pepina loche sucede?, Marietta loche ti fai? Van ben i faisoi però datti una regolata!!!

Gaiusuè te scapau in corpu? Tu con quella mania di ricaricare le cartucce!

Anche Severin u Pudestà fu svegliato dallo sparo.

Cosa succede? I troi se sun arubatai?

Rosina sveglia (era lurda come una campana), vai subito a vedere la Luigina.

La gente è tutta alle finestre, ghe in caneo di voci ed i cani i fan i luvi.

La Rosina tutta trafelata si recò nella camera della figlia, la trovò tranquillamente addormentata e con nel viso un’aria beata; Luigina, Luigina, sveglia, sveglia, “i troi se sun arrubatai”, desciatè.

Dopo parecchi minuti la “bella addormentata” aprì gli occhi: Mamma, Mamma ma sei morta anche tu? Luigina cosa dici! Stai sognando? Non immaginavo che morire fosse così facile, dimmi Mamma ma dove siamo, nell’inferno, nel purgatorio o in paradiso?

Bimba mia, tu “stravanegi”, non sei morta, sei viva e stavi dormendo tranquillamente.

La Luigina finalmente si svegliò del tutto e sempre con l’aria trasognata, disse alla madre: allora sono ancora viva!, e si toccava freneticamente, si mise a piangere ed a “farfugliare” parole incomprensibili, tra queste quella che ripeteva con ossessione era: chelu, sta a vedere che chelu ha sbagliato la mira.

Chi le chelu, Luigina spiegami un po chi sarebbe sto chelu.

Intantole due donne sentirono dei passi pesanti, attensiun u l’ariva u Paire!

Severin, che aveva origliato dietro la porta della camera della figlia, entrò con fare minaccioso, con un mezzo fiasco di vineta in mano, rosso in viso come un peperone e con ancora la “papalina” della notte in testa.

Agredì la figlia: devi raccontarmi tutto, chi è chelu, Cristu Diu ti ordino di dirmi chi è.

La poveretta tremurava sempre come una foglia, anzi adesso tremava come due foglie;

paire Severin ma io dormivo, mi ha svegliata a maire Rosina, io il colpo non l’ho neanche sentito.

Severin, tracannando il fiasco, apostrofò la figlia: se dormivi come fai a sapere che c’è stato un colpo?

Ma me lo ha detto la mamma!

Il Padre continuando ad urlare ed a bere dal fiasco la vineta, disse: domani mia cara figliola mando a chiamare dau Messu Suor Celestina du Cunventu e ti faccio li rinchiudere.

Luigina riprese a piangere a dirotto, così come la madre.

Il piagnisteo indispettì ancora di più Severin che scagliò in terra il fiasco e si prese la testa tra le mani: povero me, ste donne me ne combinano sempre una, hanno la testa di gallina, che scandalo, la minoranza mi farà “un mazzo” della “madocina”.

Intanto gli “alluccatori”, i magnai ed i cani e cagnoi continuavano a fare un caneo che sembrava fosse scoppiata la rivoluzione.

Allora il Severin, da decisionista che era e da buon politico, indossò la sciarpa tricolore e si affacciò, con atteggiamento impettito, au barcun:

cittadini, cittadini, udite, udite, nella mia qualità di massima autorità vi ordino di ritornare a dormire

e anche voi “cai e cagnoi” andate nelle cucce, non è successo niente, dalle informazioni assunte, dalle telefonate che ho avuto (era l’unico in paese ad avere il telefono) abbiamo appurato che il colpo è stato solamente “IN CORPU de TRON”.

Domani farò la GIUNTA e proporrò un’ordinanza:

dalle ore 18,00 alle ore 5,00 sono assolutamente vietati i TUONI.

Andate, andate a dormire, che domani mattina dovete alzarvi presto per andare in campagna.

Giaunin Beretaruscia


lunedì 8 dicembre 2008

IL GRUPPO


CIVITAS

Quelli che amano il Paese,

vogliono scrivere, dibattere, criticare,
che si sentono liberi,
che sono consapevoli di volere il bene di


DOLCEACQUA


SONO I BENVENUTI